L’AMICIZIA NON È UN ALGORITMO, LA MORTE È REALE
Una passeggiata con Miles Cooper Seaton, passato sul pianeta chiamato Terra tra il 23 ottobre 1979 e il 18 febbraio 2021.
Quando ho letto i primi articoli pubblicati la mattina di venerdì la sensazione che ha invaso il mio corpo era di confusione totale: chi era quella persona di cui stavano parlando? Angel mi aveva scritto nella notte che Miles se ne era andato in un incidente stradale, ed ero già completamente incredulo. Ma ora gli amici iniziavano a inviarmi degli articoli da siti americani con citazioni e memorie di persone mai sentite nominare da lui, con foto risalenti a quasi dieci anni fa, come se ignorassero dove avesse vissuto e cosa avesse fatto dal 2013 fino all’altro ieri. Era veramente il mio amico Miles la persona di cui stavano parlando?
Solo allora ho capito che io non avevo proprio conosciuto quel musicista indie-rock citato nei suddetti articoli. Avevo conosciuto una persona, chiamata Miles Cooper Seaton, e mi ero scordato che lui era fuggito proprio da quel mondo che lo voleva come lui non si sentiva di dover essere.
Ho incontrato il mio amico Miles Cooper Seaton il 19 giugno 2014 alla vigilia della prima edizione del nostro festival Lessinia Psych Fest. Allora non potevo sapere che sarebbe diventato uno dei miei migliori amici, ma ammetto che da qualche parte dentro di me lo speravo. Chissà perché, ma con certe persone è tutto naturale ancora prima che succeda. Lo siamo andati a prendere alla stazione io e Pippo sulla sua mitica Skoda, gli ho detto che in realtà ci eravamo già incontrati due anni prima a Interzona, lui confermò che si ricordava, io non gli credetti, caricammo il suo enorme zaino militare con cui stava girando l’Italia per un mese e mezzo, salimmo in macchina e andammo tutti e tre sorridenti verso una miriade di avventure che neanche in un libro veramente folle potremmo raccontare. È andata proprio così: ho fissato un concerto attraverso uno degli agenti booking più unici che rari (grazie di cuore Marco/Wakeupanddream!) di un artista che conoscevo perché suonava negli Akron/Family (che apprezzavo molto, ma non posso dire che fossi un vero fan…) e solo pochi mesi dopo stavamo già organizzando la sua prima trasferta italiana assieme, quando avremmo passato tre mesi a registrare nella nostra casa studio sui Monti Lessini scendendo solamente per qualche concerto in giro per l’Italia.
Capii subito che c’era qualcosa di speciale nell’aria, e mi fidai dell’istinto, soprattutto perché questo folletto losangeles-seattle-ino si stava (af)fidando a me, e io non avevo idea del perché. Tutt’ora me lo chiedo! Quando stavo fissando via mail i dettagli della sua prima trasferta italiana ogni tanto mi confidavo con Pippo e dicevo: ma secondo te c’è qualcosa sotto? Cioè, questo musicista affermato, che ha appena terminato tour internazionali con artisti quotatissimi nel meglio dei festival indie-rock mondiali, secondo te perché vuole venire a stare con noi a Vaggimal per dei mesi? C’è qualcosa che mi sfugge? Lo conosciamo a malapena, abbiamo condiviso solo due belle giornate in Lessinia, non è che sta “correndo un po’ troppo”?
E così nel marzo di sei anni fa atterrò nuovamente in Italia, questa volta per stare proprio con noi. Ah ah, e lì sì che capii veramente con chi avevo a che fare! Certo che stava “correndo un po’ troppo”! Quello è Miles. Ogni pregiudizio, giudizio, frase fatta e scrupolo con lui scomparivano: si andava dritti al sodo, dritti negli occhi, dritti al cuore. Il musicista da blog, da carriera, da collaborazioni internazionali e da festivaloni importanti era rimasto in America. Da noi era arrivato un vero matto, pronto a tirarsi una Tega senza limiti per arrivare al vero fulcro delle “cose”.
Settammo la sala di ripresa della casa di Vaggimal, che era la sala da pranzo, a buio totale, in maniera che quando suonavamo eravamo costretti ad ascoltarci con le orecchie e con il cuore. L’obbiettivo, diceva, era di creare un suono unico, in cui era impossibile distinguere da chi provenisse cosa. Allora non potevo sapere che sarebbe diventato uno degli obbiettivi della mia vita, non solo in Musica! E quanto mi fa impressione da allora quando incontro musicisti che suonano con gli altri ricercando l’esatto contrario! Miles una sera ci lasciò litigare: urlai in malo modo qualcosa ad Ambro e anche lui mi rispose a tono. Miles all’inizio rimase in silenzio. Poi dopo un po’ divenne molto ma molto serio e ci disse semplicemente: questo è il luogo dove si suona, questo luogo è Sacro. Se dovete litigare, giustamente fatelo, ma uscite e tenete quella roba fuori da questa sala.
Non racconterò qui naturalmente neanche un millesimo di ciò che abbiamo vissuto assieme. Miles è stata la prima persona che ho incontrato che conosceva più musica di me, e che mi poteva mostrare esattamente ciò che stavo cercando. Pippo lo ha sempre chiamato un “accelleratore”. Miles è stato il primo musicista con cui ho suonato che suonava veramente tanto meglio di me, nella maniera in cui avrei voluto suonare a venticinque anni (non perché io sia particolarmente bravo o perché abbia incontrato molti musicisti, anzi). Miles è stata l’unica persona che capiva esattamente come ci si sentiva a voler portare avanti una rock-band che aveva bisogno di un leader, senza saper e voler essere un leader “classico”. Non ha mai nascosto che rivedeva in noi C+C la storia della sua band, e che credeva fortemente che ci avrebbe potuto aiutare a non commettere gli errori che lui e loro avevano commesso.
Miles ha abbattuto da subito l’aurea di “professionista” del settore, come inevitabilmente lo vedevamo prima di conoscerlo per davvero, per diventare nostro amico fraterno, coinquilino, commensale al pranzo di Pasqua su dalla nonna. Non ha mai dato altra priorità che alla vera essenza della relazione: lo stare assieme per la gioia di farlo, e basta. L’esserci veramente, in quel momento, al 100%. Ogni persona che l’ha incontrato per almeno qualche minuto non può negarlo. Come tutte le persone che mi stanno chiamando e scrivendo da venerdì scorso mi confermano meravigliosamente.
E come tutti noi, aveva una personalità complessa, che appena ti ritrovavi minimamente in confidenza con lui non nascondeva (magari letteralmente dopo quindici minuti dall’averlo conosciuto). Era la sua prova, diciamo il suo filtro automatico: se mi sopporti potremmo fare grandi cose assieme. Ti metteva alla prova, come anche lui si faceva mettere alla prova.
Come ognuno di noi ne ha la possibilità, ha scelto di dedicare la propria esistenza alla complessità del vivere, per andare a fondo nelle cose, invece di rimanere a galla ignorando i tesori che si nascondono vicini e lontani.
Con Miles ho concentrato in sei anni di amicizia una quantità di energia, avventure, meraviglie, gioie e dolori, che solo gli amici di sempre riescono a competere. Non a caso esattamente un anno fa ci prendevamo una “pausa”, se tra amici si può parlare come se fossimo stati degli amanti. E in realtà, proprio come ho sempre pensato che l’esperienza di un gruppo musicale è semplicemente una relazione sentimentale con più persone coinvolte, effettivamente la nostra amicizia ha avuto dinamiche più vicine a quelle di una coppia. Ci siamo amati nel vero senso della parola, che non per forza dev’essere legato alla sfera sessuale. Ci siamo amati e poi, con il vissuto di due amanti che hanno bisogno di respirare aria nuova, abbiamo preso strade differenti per un po’.
Quando mi è giunta la notizia della sua scomparsa imprevista ed imprevedibile non ho potuto non pensare che Miles per me era scomparso già un anno fa. Aveva lasciato tutte le sue cose qui in casa come se fosse uscito a prendere il pane. La tazzina di caffè era ancora sulla sua scrivania. Era andato a Berlino per qualche settimana. Nel frattempo la pandemia si era improvvisamente diffusa e lui si era ritrovato a dover partire per gli USA con gli ultimi voli disponibili prima del blocco totale senza ripassare da casa a Veronetta. Giustamente tornava da Leanne, ed eravamo tutti lieti per loro. Da allora ci siamo scambiati qualche sparuto messaggio veloce, e un solo audio messaggio. L’ultima videochiamata con me e Pippo assieme risale all’agosto 2020.
Credo che essere veri amici sia anche questo: lasciarsi il tempo giusto per riflettere, respirare ed eventualmente capire, qualunque cosa ci sia da capire. Non ho mai avuto dubbi che lui sapeva che lo amavo, e lui amava me. Spesso mi sono chiesto quando ci saremmo rivisti, pensando a quanto fosse un matto. E pian piano ogni traccia di risentimento e incomprensione si diluiva con lo scorrere delle stagioni, con il freddo che seguiva al caldo e la pioggia che bagnava l’asfalto. Non avevo fretta perché, appunto, quando hai dato veramente tutto non hai più niente da perdere, ma solo che da guadagnare. Aspettavo certamente una sua mossa, ed ero pronto a tutto.
Certamente questa mi ha sorpreso. In maniera naturalmente dolorosa. Ma come ho provato a spiegare a tutti gli amici preoccupati che mi chiedono come mi sento, assieme allo stupore e alla tristezza si sono mosse in me sensazioni variegate e assolutamente creative e positive. Mi spiego meglio: Miles, secondo il mio punto di vista, si è sempre relazionato con me a un livello che definirei “magico”, come ben poche persone hanno fatto con me, che si contano sulle dita di una mano e spesso hanno più di ottanta e novanta anni (ciao nonne!). Non abbiamo mai litigato per soldi o incomprensioni futili, invidie e mancanze di livello basso, quasi infantile. Certo abbiamo litigato anche pesantemente, soprattutto negli ultimi anni. Ma era sempre per questioni su cui avremmo potuto scrivere dei libri o inventare nuovi movimenti di pensiero! Miles non viveva secondo le regole comuni della società, che naturalmente disprezzava e metteva costantemente in discussione, dentro cui soffriva disperatamente. Miles ricercava il magico in ogni sua più piccola scelta, spesso inevitabilmente perdendosi dentro un bicchier d’acqua o scambiando un granello di sabbia per una montagna. Ma questo fa parte della vita di chi si getta verso l’ignoto. È stato lui il primo a chiedermi esplicitamente se preferivo rimanere nella stanza sicura dell’insoddisfazione o di superare la paura di aprire la misteriosa porta verso ciò che non conoscevo. Se ho scelto il rischio di essere contento è soprattutto grazie a te caro Amico speciale.
Non posso vedere questa sua scomparsa come una semplice perdita, un lutto e una fine. Lui sarebbe stato il primo a non farlo verso gli altri, figuriamoci se lo vorrebbe verso di lui! Anni orsono successe che mi parlò della morte, perché le persone come lui sono capaci di dialogare sulla morte quando magari un minuto prima stava elogiando per l’ennesima volta la vera pizza napoletana. Non capivo, e gli dissi che la morte mi angosciava e non era un argomento che mi faceva piacere affrontare. Solo molto tempo dopo approcciandomi spontaneamente al Buddismo iniziai a realizzare che i suoi accenni facevano parte di un pensiero così grande e fondamentale che man mano che mi capita di approfondirlo mi meraviglio (e mi dispiaccio) che non faccia parte del nostro quotidiano sin dalla nostra infanzia. La Morte come parte del ciclo del Tutto. Che non è fine perché non c’è inizio. Come qualcosa di cui non c’è da aver paura perché è importante tanto quanto la pioggia lava via la sabbia che il vento riporterà i giorni seguenti. Che solo conoscendo la Morte imparerai cos’è la Vita. Che come la notte compenetra il giorno, così è per la fine e l’inizio.
Sarebbe troppo semplicistico e irrispettoso per i suoi cari che hanno perso un marito, un figlio, un fratello affermare che Miles mi aveva preparato alla sua partenza dal mondo terreno. Ma sarebbe senz’altro offensivo e semplicistico dire a Miles “non avere paura, sei già morto”. Miles, Mils, zio, bro, fratello, General Madness, questa è la prova più grande, che mai avrei voluto dover affrontare. Ma ti ringrazio enormemente per avermi portato anche qui. Non credo ci sia modo più forte e chiaro di farci conoscere il valore della Vita, di ciò che conta, di chi abbiamo attorno tutti i santi giorni.
I Maestri Sufi insegnano, come ben sai, che una persona veramente evoluta ha come obbiettivo primario di lasciare ogni posto, luogo e persona migliore di come era prima che si incontrassero. Grazie per averlo fatto con tutti noi.
E sapete qual’è il bello della frase banale “almeno ci rimane la sua musica”? Che è semplicemente vero.
Tob (Veronetta, 21 febbraio 2021)
(in foto: i Bromeoz un giorno dopo essersi conosciuti - scatto di Ana Blagojevic, che da quel giorno è diventata la sua fotografa ufficiale, che poi significa semplicemente del cuore - 20 giugno 2014, San Rocco di Piegara, Lessinia Psych Fest I°)
L’AMICIZIA NON È UN ALGORITMO, LA MORTE È REALE
Una passeggiata con Miles Cooper Seaton, passato sul pianeta chiamato Terra tra il 23 ottobre 1979 e il 18 febbraio 2021.
Quando ho letto i primi articoli pubblicati la mattina di venerdì la sensazione che ha invaso il mio corpo era di confusione totale: chi era quella persona di cui stavano parlando? Angel mi aveva scritto nella notte che Miles se ne era andato in un incidente stradale, ed ero già completamente incredulo. Ma ora gli amici iniziavano a inviarmi degli articoli da siti americani con citazioni e memorie di persone mai sentite nominare da lui, con foto risalenti a quasi dieci anni fa, come se ignorassero dove avesse vissuto e cosa avesse fatto dal 2013 fino all’altro ieri. Era veramente il mio amico Miles la persona di cui stavano parlando?
Solo allora ho capito che io non avevo proprio conosciuto quel musicista indie-rock citato nei suddetti articoli. Avevo conosciuto una persona, chiamata Miles Cooper Seaton, e mi ero scordato che lui era fuggito proprio da quel mondo che lo voleva come lui non si sentiva di dover essere.
Ho incontrato il mio amico Miles Cooper Seaton il 19 giugno 2014 alla vigilia della prima edizione del nostro festival Lessinia Psych Fest. Allora non potevo sapere che sarebbe diventato uno dei miei migliori amici, ma ammetto che da qualche parte dentro di me lo speravo. Chissà perché, ma con certe persone è tutto naturale ancora prima che succeda. Lo siamo andati a prendere alla stazione io e Pippo sulla sua mitica Skoda, gli ho detto che in realtà ci eravamo già incontrati due anni prima a Interzona, lui confermò che si ricordava, io non gli credetti, caricammo il suo enorme zaino militare con cui stava girando l’Italia per un mese e mezzo, salimmo in macchina e andammo tutti e tre sorridenti verso una miriade di avventure che neanche in un libro veramente folle potremmo raccontare. È andata proprio così: ho fissato un concerto attraverso uno degli agenti booking più unici che rari (grazie di cuore Marco/Wakeupanddream!) di un artista che conoscevo perché suonava negli Akron/Family (che apprezzavo molto, ma non posso dire che fossi un vero fan…) e solo pochi mesi dopo stavamo già organizzando la sua prima trasferta italiana assieme, quando avremmo passato tre mesi a registrare nella nostra casa studio sui Monti Lessini scendendo solamente per qualche concerto in giro per l’Italia.
Capii subito che c’era qualcosa di speciale nell’aria, e mi fidai dell’istinto, soprattutto perché questo folletto losangeles-seattle-ino si stava (af)fidando a me, e io non avevo idea del perché. Tutt’ora me lo chiedo! Quando stavo fissando via mail i dettagli della sua prima trasferta italiana ogni tanto mi confidavo con Pippo e dicevo: ma secondo te c’è qualcosa sotto? Cioè, questo musicista affermato, che ha appena terminato tour internazionali con artisti quotatissimi nel meglio dei festival indie-rock mondiali, secondo te perché vuole venire a stare con noi a Vaggimal per dei mesi? C’è qualcosa che mi sfugge? Lo conosciamo a malapena, abbiamo condiviso solo due belle giornate in Lessinia, non è che sta “correndo un po’ troppo”?
E così nel marzo di sei anni fa atterrò nuovamente in Italia, questa volta per stare proprio con noi. Ah ah, e lì sì che capii veramente con chi avevo a che fare! Certo che stava “correndo un po’ troppo”! Quello è Miles. Ogni pregiudizio, giudizio, frase fatta e scrupolo con lui scomparivano: si andava dritti al sodo, dritti negli occhi, dritti al cuore. Il musicista da blog, da carriera, da collaborazioni internazionali e da festivaloni importanti era rimasto in America. Da noi era arrivato un vero matto, pronto a tirarsi una Tega senza limiti per arrivare al vero fulcro delle “cose”.
Settammo la sala di ripresa della casa di Vaggimal, che era la sala da pranzo, a buio totale, in maniera che quando suonavamo eravamo costretti ad ascoltarci con le orecchie e con il cuore. L’obbiettivo, diceva, era di creare un suono unico, in cui era impossibile distinguere da chi provenisse cosa. Allora non potevo sapere che sarebbe diventato uno degli obbiettivi della mia vita, non solo in Musica! E quanto mi fa impressione da allora quando incontro musicisti che suonano con gli altri ricercando l’esatto contrario! Miles una sera ci lasciò litigare: urlai in malo modo qualcosa ad Ambro e anche lui mi rispose a tono. Miles all’inizio rimase in silenzio. Poi dopo un po’ divenne molto ma molto serio e ci disse semplicemente: questo è il luogo dove si suona, questo luogo è Sacro. Se dovete litigare, giustamente fatelo, ma uscite e tenete quella roba fuori da questa sala.
Non racconterò qui naturalmente neanche un millesimo di ciò che abbiamo vissuto assieme. Miles è stata la prima persona che ho incontrato che conosceva più musica di me, e che mi poteva mostrare esattamente ciò che stavo cercando. Pippo lo ha sempre chiamato un “accelleratore”. Miles è stato il primo musicista con cui ho suonato che suonava veramente tanto meglio di me, nella maniera in cui avrei voluto suonare a venticinque anni (non perché io sia particolarmente bravo o perché abbia incontrato molti musicisti, anzi). Miles è stata l’unica persona che capiva esattamente come ci si sentiva a voler portare avanti una rock-band che aveva bisogno di un leader, senza saper e voler essere un leader “classico”. Non ha mai nascosto che rivedeva in noi C+C la storia della sua band, e che credeva fortemente che ci avrebbe potuto aiutare a non commettere gli errori che lui e loro avevano commesso.
Miles ha abbattuto da subito l’aurea di “professionista” del settore, come inevitabilmente lo vedevamo prima di conoscerlo per davvero, per diventare nostro amico fraterno, coinquilino, commensale al pranzo di Pasqua su dalla nonna. Non ha mai dato altra priorità che alla vera essenza della relazione: lo stare assieme per la gioia di farlo, e basta. L’esserci veramente, in quel momento, al 100%. Ogni persona che l’ha incontrato per almeno qualche minuto non può negarlo. Come tutte le persone che mi stanno chiamando e scrivendo da venerdì scorso mi confermano meravigliosamente.
E come tutti noi, aveva una personalità complessa, che appena ti ritrovavi minimamente in confidenza con lui non nascondeva (magari letteralmente dopo quindici minuti dall’averlo conosciuto). Era la sua prova, diciamo il suo filtro automatico: se mi sopporti potremmo fare grandi cose assieme. Ti metteva alla prova, come anche lui si faceva mettere alla prova.
Come ognuno di noi ne ha la possibilità, ha scelto di dedicare la propria esistenza alla complessità del vivere, per andare a fondo nelle cose, invece di rimanere a galla ignorando i tesori che si nascondono vicini e lontani.
Con Miles ho concentrato in sei anni di amicizia una quantità di energia, avventure, meraviglie, gioie e dolori, che solo gli amici di sempre riescono a competere. Non a caso esattamente un anno fa ci prendevamo una “pausa”, se tra amici si può parlare come se fossimo stati degli amanti. E in realtà, proprio come ho sempre pensato che l’esperienza di un gruppo musicale è semplicemente una relazione sentimentale con più persone coinvolte, effettivamente la nostra amicizia ha avuto dinamiche più vicine a quelle di una coppia. Ci siamo amati nel vero senso della parola, che non per forza dev’essere legato alla sfera sessuale. Ci siamo amati e poi, con il vissuto di due amanti che hanno bisogno di respirare aria nuova, abbiamo preso strade differenti per un po’.
Quando mi è giunta la notizia della sua scomparsa imprevista ed imprevedibile non ho potuto non pensare che Miles per me era scomparso già un anno fa. Aveva lasciato tutte le sue cose qui in casa come se fosse uscito a prendere il pane. La tazzina di caffè era ancora sulla sua scrivania. Era andato a Berlino per qualche settimana. Nel frattempo la pandemia si era improvvisamente diffusa e lui si era ritrovato a dover partire per gli USA con gli ultimi voli disponibili prima del blocco totale senza ripassare da casa a Veronetta. Giustamente tornava da Leanne, ed eravamo tutti lieti per loro. Da allora ci siamo scambiati qualche sparuto messaggio veloce, e un solo audio messaggio. L’ultima videochiamata con me e Pippo assieme risale all’agosto 2020.
Credo che essere veri amici sia anche questo: lasciarsi il tempo giusto per riflettere, respirare ed eventualmente capire, qualunque cosa ci sia da capire. Non ho mai avuto dubbi che lui sapeva che lo amavo, e lui amava me. Spesso mi sono chiesto quando ci saremmo rivisti, pensando a quanto fosse un matto. E pian piano ogni traccia di risentimento e incomprensione si diluiva con lo scorrere delle stagioni, con il freddo che seguiva al caldo e la pioggia che bagnava l’asfalto. Non avevo fretta perché, appunto, quando hai dato veramente tutto non hai più niente da perdere, ma solo che da guadagnare. Aspettavo certamente una sua mossa, ed ero pronto a tutto.
Certamente questa mi ha sorpreso. In maniera naturalmente dolorosa. Ma come ho provato a spiegare a tutti gli amici preoccupati che mi chiedono come mi sento, assieme allo stupore e alla tristezza si sono mosse in me sensazioni variegate e assolutamente creative e positive. Mi spiego meglio: Miles, secondo il mio punto di vista, si è sempre relazionato con me a un livello che definirei “magico”, come ben poche persone hanno fatto con me, che si contano sulle dita di una mano e spesso hanno più di ottanta e novanta anni (ciao nonne!). Non abbiamo mai litigato per soldi o incomprensioni futili, invidie e mancanze di livello basso, quasi infantile. Certo abbiamo litigato anche pesantemente, soprattutto negli ultimi anni. Ma era sempre per questioni su cui avremmo potuto scrivere dei libri o inventare nuovi movimenti di pensiero! Miles non viveva secondo le regole comuni della società, che naturalmente disprezzava e metteva costantemente in discussione, dentro cui soffriva disperatamente. Miles ricercava il magico in ogni sua più piccola scelta, spesso inevitabilmente perdendosi dentro un bicchier d’acqua o scambiando un granello di sabbia per una montagna. Ma questo fa parte della vita di chi si getta verso l’ignoto. È stato lui il primo a chiedermi esplicitamente se preferivo rimanere nella stanza sicura dell’insoddisfazione o di superare la paura di aprire la misteriosa porta verso ciò che non conoscevo. Se ho scelto il rischio di essere contento è soprattutto grazie a te caro Amico speciale.
Non posso vedere questa sua scomparsa come una semplice perdita, un lutto e una fine. Lui sarebbe stato il primo a non farlo verso gli altri, figuriamoci se lo vorrebbe verso di lui! Anni orsono successe che mi parlò della morte, perché le persone come lui sono capaci di dialogare sulla morte quando magari un minuto prima stava elogiando per l’ennesima volta la vera pizza napoletana. Non capivo, e gli dissi che la morte mi angosciava e non era un argomento che mi faceva piacere affrontare. Solo molto tempo dopo approcciandomi spontaneamente al Buddismo iniziai a realizzare che i suoi accenni facevano parte di un pensiero così grande e fondamentale che man mano che mi capita di approfondirlo mi meraviglio (e mi dispiaccio) che non faccia parte del nostro quotidiano sin dalla nostra infanzia. La Morte come parte del ciclo del Tutto. Che non è fine perché non c’è inizio. Come qualcosa di cui non c’è da aver paura perché è importante tanto quanto la pioggia lava via la sabbia che il vento riporterà i giorni seguenti. Che solo conoscendo la Morte imparerai cos’è la Vita. Che come la notte compenetra il giorno, così è per la fine e l’inizio.
Sarebbe troppo semplicistico e irrispettoso per i suoi cari che hanno perso un marito, un figlio, un fratello affermare che Miles mi aveva preparato alla sua partenza dal mondo terreno. Ma sarebbe senz’altro offensivo e semplicistico dire a Miles “non avere paura, sei già morto”. Miles, Mils, zio, bro, fratello, General Madness, questa è la prova più grande, che mai avrei voluto dover affrontare. Ma ti ringrazio enormemente per avermi portato anche qui. Non credo ci sia modo più forte e chiaro di farci conoscere il valore della Vita, di ciò che conta, di chi abbiamo attorno tutti i santi giorni.
I Maestri Sufi insegnano, come ben sai, che una persona veramente evoluta ha come obbiettivo primario di lasciare ogni posto, luogo e persona migliore di come era prima che si incontrassero. Grazie per averlo fatto con tutti noi.
E sapete qual’è il bello della frase banale “almeno ci rimane la sua musica”? Che è semplicemente vero.
Tob (Veronetta, 21 febbraio 2021)
(in foto: i Bromeoz un giorno dopo essersi conosciuti - scatto di Ana Blagojevic, che da quel giorno è diventata la sua fotografa ufficiale, che poi significa semplicemente del cuore - 20 giugno 2014, San Rocco di Piegara, Lessinia Psych Fest I°)