Pensiero per un amico che non c’è più.
Era giugno dell’anno 2014, incontrai Miles nel bar fuori dal benzinaio in Via Torbido in occasione di
un concerto di Adele che preannunciava il festival psichedelico della Lessinia, ricordo
perfettamente la sensazione di emozione intensa e incredula per poter conoscere quella che per
me era una celebrità della musica d’oltre Oceano, che aveva militato in una band che ho sempre
considerato e tutt’ora considero incredibile, ovvero gli Akron/Family.
Ero molto agitato, il pensiero di poter parlare con lui mi suscitava una sensazione densa di
profonda curiosità e interesse nella sua storia, nelle sue vicende musicali, nel suo percorso in
generale.
Io mi sentivo onorato di poter incontrare questo soggetto unico che pochi anni prima avevo visto
da giovane liceale sul palco di Interzona fare stage diving e imbastire cori mantrici e ipnotici e
un’esplosione rumoristica di chitarre distorte e percussioni dirompenti insieme ai suoi compari,
figli della New Weird America che tanto mi faceva sognare.
Parlare con Miles è stato dal principio un turbine impetuoso, non si parlava di superficialità, ma si
toccava sempre una sfera più profonda, dove il sentire e il ricercare qualcosa nella sua essenza
era il centro di tutto. Ripenso al me appena ventenne, in macchina, in direzione San Rocco di
Piegara, a parlare con il suddetto...In due minuti mi aveva chiesto di togliere il disco che avevo
messo sullo stereo (se non ricordo male erano i Bass Drum of Death o una qualche band
adolescenziale del genere), era una cosa che non avrebbe ascoltato neanche sotto tortura e che
preferiva il silenzio, parlammo poi del fatto di quanto fosse alla ricerca di musica fatta davvero con
l’anima e generata dal profondo del cuore, in particolare mi parlò dei suoi idoli del passato, dai
maestri più puri del jazz, fino ai minimalisti più cervellotici e assurdi, Brian Eno e la musica
ambient, e la musica dei suoi cari amici, vincolata dall’amore e dall’affetto che la rendeva alle sue
orecchie tanto raffinate bellissima.
Quella sera ascoltai il suo concerto, un rito magico per pochi eletti, ricordo che era tardissimo e
parte del pubblico era tornata a casa, lui fece una performance che mi lasciò a bocca aperta e
quando nell’ultimo pezzo intonò a cappella Stand By Me iniziai a piangere dalla commozione e
dalla gioia.
Dopo questo primo incontro ci ritrovammo pochi mesi dopo, nella casa/studio a Vaggimal. Un
sogno sembrava realizzarsi. Noi C+C stavamo davvero per iniziare a fare un disco con un
personaggio che era emblema di quel mondo a cui aspiravamo.
Beh, non è andata proprio cosi... Miles per la prima volta ci aveva detto che non sapevamo
suonare, che non ascoltavamo, ci soffermavamo solo su quello che individualmente facevamo,
l’ego prevaricava sulla musica. Da li sono iniziate una serie di riflessioni (mai concluse tra l’altro),
su che cosa un musicista è, che cosa significa suonare in un gruppo, cosa vuol dire cogliere il
senso di collettività e come catturare la magia che delle persone che suonano all’unisono
possono generare.
Piano piano provammo a creare una giusta condizione per lavorare, con un po’ di consapevolezza
in più. Noi eravamo gli allievi e Miles era il Maestro.
Ci siamo lasciati guidare e insegnare, registrammo in quella session di un mese varie cose, droni
suonati ad occhi chiusi nella stanza buia con il profumo di palo santo che aleggiava pesante
nell’aria, loop di ritmi ispirati da un certo batterismo motorico ( i Can penso siano stati una delle
cose che ha sempre messo tutti noi d’accordo), voci nella notte sussurrate, chitarre tremolanti che
si ripetevano all’infinito...
Quel mese fu assurdo, parlo per me, ma penso che tutti gli altri C+C si trovino in sintonia, tutte le
convinzioni sulla musica, sia quella suonata, che quella intesa e percepita a livello ideale erano
state messe in discussione in maniera totale, quasi da perdere il senso nel pensare a ciò che
stavamo facendo prima... Io personalmente fino a quel momento vivevo la musica con
un’intensità diversa, suonavo per divertirmi, per girare il mondo, per conoscere persone nuove;
tutte cose sacrosante e belle per un giovane musicista, ma non ero mai andato oltre, oltre la
percezione di quello che in realtà significa essere un musicista, un artista, una persona che
traduce le proprie sensazioni ed emozioni veicolandole in qualcosa che può essere fruito
potenzialmente da tutti, potendo generare di conseguenza delle altre emozioni e in alcuni casi
qualcosa di potentissimo (non parlo del mio caso, ma in generale).
Ci rincontrammo poco dopo, in Italia, perché lo Zio Miles aveva deciso di trasferirsi proprio qui,
tra tutti i posti nel pianeta terrestre, insieme a noi, dei giovani musicisti inesperti che a malapena
conosceva. Che folle! A ripensarci lo Zio è veramente sempre stato folle, senza timore di agire in
maniera assurda, seguendo la strada che era dentro di lui e basta.
E la sua strada l’ha portato proprio qua, nella mia città Verona, dopo essere vissuto a New York e
Los Angeles in mezzo alle persone “che contano” in quel mondo della musica degli anni 00. Un
mondo da cui lui scappava e che ripudiava per una serie di motivi infiniti che non è il caso
riportare qui.
Da quel momento è iniziato letteralmente uno dei periodi più significativi della mia esistenza, a
stretto contatto con le persone con cui ho condiviso alcune delle sensazioni più forti mai provate,
tutti i C+C, Toba, Pippo, Giulio, e ovviamente lo Zio Miles dove il legame e l’amicizia si sono fatte
sempre più viscerali e appassionate.
Con lo Zio il rapporto è sempre stato intensissimo e a tratti travagliato, Lui per me ha sempre
incarnato la figura del Maestro, del saggio con l’esperienza che io non avevo ancora vissuto, e io
il suo allievo. Me lo disse svariate volte, che sentiva un legame profondo con me come se fossi un
cugino o fratellino lontano, e io ero contento di ciò. Mi piaceva sentirlo parlare, e farmi raccontare
gli aneddoti che costantemente gli chiedevo sulla vita del musicista cresciuto nel mondo dell’indie
d’America di quegli anni; come era stato conoscere e lavorare con Michael Gira, come era stato
suonare con la Sun Ra Arkestra, i tour in Giappone con i Deerhunter, la conoscenza degli Animal
Collective, la storia dei Megafaun e Bon Iver, il suo amico e batterista incredibile Joe Westerland,
la sua amica Angel dei Dirty Projectors, la storia della sua etichetta che doveva pubblicare il
chitarrista dei Boredoms, la conclusione del percorso con gli Akron Family.
Tutte queste storie a me affascinavano enormemente, ma era chiaro che lui volesse
definitivamente dare un taglio con tutto quel mondo e non era sempre contento di parlarne.
Il nostro legame è stato costellato da momenti di grande accordo uniti a momenti di disaccordo
totale, momenti di grande amicizia uniti a momenti in cui non ci sentivamo, momenti di grandi
gioie uniti a momenti di litigi feroci dettati da alti e bassi umorali dovuti sicuramente ai nostri
caratteri, il suo era veramente particolare, tenace all’estremo, perfezionista, dedito alla continua
ricerca e al continuo mettersi in dubbio... A volte era molto complesso da cogliere questo modo
di essere e viverlo in serenità.
Miles era senza mezze misure, quando voleva dire una cosa la diceva senza peli sulla lingua, e a
volte per me è stato difficile interagire con questo modo di comunicare. In realtà ripensandoci ora,
riconosco che il suo approccio non era minimamente crudele, bensì era totalmente sincero,
voleva spronarmi, voleva spronarci, voleva farmi riflettere, voleva farci riflettere.
Sono pervaso da un’infinità di ricordi, che stento a focalizzare e riportare in maniera lucida perché
il mio amico Miles ora non c’è più e questa mancanza è devastante e inaspettata e brucia come
una ferita profonda.
Ripenso a quella volta in cui preparammo il set di un tour bellissimo nel 2017 con due batterie,
synth, due chitarre, basso elettrico e sei voci, per 2 mesi andammo a provare tutti i giorni in una
saletta in mezzo ai boschi di Verona, all’interno la temperatura era di 5 gradi si e no, e lui insistette
per andare a provare tutti i giorni, tutto il giorno, ininterrottamente, provando e riprovando la
scaletta, improvvisando di continuo, fumando, mangiando, scaldandoci attorno alla stufa; ecco
Miles credo che in quel momento ci abbia spinti oltre il nostro il limite e ci fece prendere una
consapevolezza superiore a tutti noi C+C per quanto riguarda la nostra cara musica- Fu il miglior
tour della storia del gruppo.
Ripenso poi a quei discorsi infiniti sul fatto di riappropriarsi dell’italiano per cantare le canzoni, per
poter comunicare senza veli e in maniera sincera alle persone- Fu il motivo grazie al quale scrivere
e comporre un brano oggi ha un senso per me, e grazie al quale se qualcosa è nella mia testa
posso scriverla in maniera forte e chiara all’interno di un testo, invece che arrancare in maniera
goffa con un inglese maccheronico.
Ripenso a quella volta in cui in studio con Juju a Milano ci incazzammo tantissimo perché la mia
take vocale era bizzarra e lui voleva tenerla cosi, rappresentate la verità, e io volevo rifarla per
renderla perfetta- Fu grazie a quel litigio che ora do meno peso a ciò che vorrei essere (come
cantante in questo caso) e a dare il massimo per quello che realmente sono (un po’ calante,
pace).
Ripenso a quella volta che lo invitai a casa mia per imparare a cantare Nuova Speranza per bene.
-Fu in quel momento che mi convinsi che mettere tutti sé stessi in qualcosa porta a dei risultati, e
ogni risultato ha degli effetti (ricordo che andammo in studio, le registrazioni furono bellissime, ma
mi segarono al mio ultimo esame all’università, qualche mese dopo lo passai).
Ripenso a tutte le volte che si sono creati cipigli e malumori all’interno dei C+C e costantemente
lo Zio provò ad aiutarci a risolverli, riportando la sua esperienza passata con il suo gruppo- Grazie
a queste conversazioni penso che i C+C in un certo senso non si siano sciolti nei momenti di
massima tensione del passato e ora abbiamo imparato a convivere.
Ricordo quella volta che gli dissi che non volevo più suonare perché non mi sentivo a mio agio nel
farlo e mi rispose che era normale, giusto e curativo provare queste sensazioni nel momento in
cui un individuo si mette a nudo e parla delle proprie vicende e emozioni- Fu grazie a quei pensieri
che ora mi sento meglio, e sono ancora convinto di voler dedicare la mia vita alla musica.
Ricordo quella volta che andammo in cima al Castel San Pietro di notte e ci mettemmo a parlare,
iniziammo a raccontarci degli spiriti, delle entità immateriali e delle nostre esperienza a riguardo, e
ad un tratto le finestre dell’edificio iniziarono a sbattere all’impazzata, probabilmente era solo il
vento, oppure dell’altro, chissà- Ad ogni modo affrontando quei discorsi io ora sono meno
ossessionato dal voler ricercare una ragione logica per tutto, e provo a cogliere il magico con
un’altra attitudine, positiva.
Ricordo le passeggiate e le chiacchierate infinite lungo le vie della città e lo stupore e la meraviglia
nei suoi occhi nel vivere la piccola e per certi aspetti limitata Verona, cogliendone il buono e lo
speciale che in realtà cela, nelle piccole cose e nella sua essenza- Grazie a queste considerazioni
ora vivo la mia città con stupore, meravigliandomi per quello che può offrire, e non struggendomi
per quel che non può offrire.
Mi fermo ora.
I ricordi sono tanti e i pensieri si stanno facendo più intensi e vividi, le lacrime stanno
agglomerandosi intorno agli occhi, e a me sembra assurdo pensare che sto parlando del mio
amico Miles che non c’è più.
Se ne è andato in una maniera estrema, estrema come era la sua vita, estremo come era come
individuo.
Non voglio provare a trovare un senso in tutto ciò, semplicemente è accaduto e quello che vorrei
fare è ricordarlo ora e sempre.
Custodire e raccontare la moltitudine di insegnamenti che in questi sette anni ha donato a me, ai
C+C, alla nostra comunità e alle persone che ha incontrato.
Far vivere ancora la sua musica incredibile che tanto ho amato e amo, far echeggiare le sue
parole nella mia testa e riportarle ai miei amici e alle persone che incontrerò, far risuonare le corde
della chitarra e celebrarlo ogni volta che potrò, cantare con la voce che mi ha insegnato a tirar
fuori, a squarciagola o sussurrando.
Sei stato un caro amico.
Cru
Pensiero per un amico che non c’è più.
Era giugno dell’anno 2014, incontrai Miles nel bar fuori dal benzinaio in Via Torbido in occasione di
un concerto di Adele che preannunciava il festival psichedelico della Lessinia, ricordo
perfettamente la sensazione di emozione intensa e incredula per poter conoscere quella che per
me era una celebrità della musica d’oltre Oceano, che aveva militato in una band che ho sempre
considerato e tutt’ora considero incredibile, ovvero gli Akron/Family.
Ero molto agitato, il pensiero di poter parlare con lui mi suscitava una sensazione densa di
profonda curiosità e interesse nella sua storia, nelle sue vicende musicali, nel suo percorso in
generale.
Io mi sentivo onorato di poter incontrare questo soggetto unico che pochi anni prima avevo visto
da giovane liceale sul palco di Interzona fare stage diving e imbastire cori mantrici e ipnotici e
un’esplosione rumoristica di chitarre distorte e percussioni dirompenti insieme ai suoi compari,
figli della New Weird America che tanto mi faceva sognare.
Parlare con Miles è stato dal principio un turbine impetuoso, non si parlava di superficialità, ma si
toccava sempre una sfera più profonda, dove il sentire e il ricercare qualcosa nella sua essenza
era il centro di tutto. Ripenso al me appena ventenne, in macchina, in direzione San Rocco di
Piegara, a parlare con il suddetto...In due minuti mi aveva chiesto di togliere il disco che avevo
messo sullo stereo (se non ricordo male erano i Bass Drum of Death o una qualche band
adolescenziale del genere), era una cosa che non avrebbe ascoltato neanche sotto tortura e che
preferiva il silenzio, parlammo poi del fatto di quanto fosse alla ricerca di musica fatta davvero con
l’anima e generata dal profondo del cuore, in particolare mi parlò dei suoi idoli del passato, dai
maestri più puri del jazz, fino ai minimalisti più cervellotici e assurdi, Brian Eno e la musica
ambient, e la musica dei suoi cari amici, vincolata dall’amore e dall’affetto che la rendeva alle sue
orecchie tanto raffinate bellissima.
Quella sera ascoltai il suo concerto, un rito magico per pochi eletti, ricordo che era tardissimo e
parte del pubblico era tornata a casa, lui fece una performance che mi lasciò a bocca aperta e
quando nell’ultimo pezzo intonò a cappella Stand By Me iniziai a piangere dalla commozione e
dalla gioia.
Dopo questo primo incontro ci ritrovammo pochi mesi dopo, nella casa/studio a Vaggimal. Un
sogno sembrava realizzarsi. Noi C+C stavamo davvero per iniziare a fare un disco con un
personaggio che era emblema di quel mondo a cui aspiravamo.
Beh, non è andata proprio cosi... Miles per la prima volta ci aveva detto che non sapevamo
suonare, che non ascoltavamo, ci soffermavamo solo su quello che individualmente facevamo,
l’ego prevaricava sulla musica. Da li sono iniziate una serie di riflessioni (mai concluse tra l’altro),
su che cosa un musicista è, che cosa significa suonare in un gruppo, cosa vuol dire cogliere il
senso di collettività e come catturare la magia che delle persone che suonano all’unisono
possono generare.
Piano piano provammo a creare una giusta condizione per lavorare, con un po’ di consapevolezza
in più. Noi eravamo gli allievi e Miles era il Maestro.
Ci siamo lasciati guidare e insegnare, registrammo in quella session di un mese varie cose, droni
suonati ad occhi chiusi nella stanza buia con il profumo di palo santo che aleggiava pesante
nell’aria, loop di ritmi ispirati da un certo batterismo motorico ( i Can penso siano stati una delle
cose che ha sempre messo tutti noi d’accordo), voci nella notte sussurrate, chitarre tremolanti che
si ripetevano all’infinito...
Quel mese fu assurdo, parlo per me, ma penso che tutti gli altri C+C si trovino in sintonia, tutte le
convinzioni sulla musica, sia quella suonata, che quella intesa e percepita a livello ideale erano
state messe in discussione in maniera totale, quasi da perdere il senso nel pensare a ciò che
stavamo facendo prima... Io personalmente fino a quel momento vivevo la musica con
un’intensità diversa, suonavo per divertirmi, per girare il mondo, per conoscere persone nuove;
tutte cose sacrosante e belle per un giovane musicista, ma non ero mai andato oltre, oltre la
percezione di quello che in realtà significa essere un musicista, un artista, una persona che
traduce le proprie sensazioni ed emozioni veicolandole in qualcosa che può essere fruito
potenzialmente da tutti, potendo generare di conseguenza delle altre emozioni e in alcuni casi
qualcosa di potentissimo (non parlo del mio caso, ma in generale).
Ci rincontrammo poco dopo, in Italia, perché lo Zio Miles aveva deciso di trasferirsi proprio qui,
tra tutti i posti nel pianeta terrestre, insieme a noi, dei giovani musicisti inesperti che a malapena
conosceva. Che folle! A ripensarci lo Zio è veramente sempre stato folle, senza timore di agire in
maniera assurda, seguendo la strada che era dentro di lui e basta.
E la sua strada l’ha portato proprio qua, nella mia città Verona, dopo essere vissuto a New York e
Los Angeles in mezzo alle persone “che contano” in quel mondo della musica degli anni 00. Un
mondo da cui lui scappava e che ripudiava per una serie di motivi infiniti che non è il caso
riportare qui.
Da quel momento è iniziato letteralmente uno dei periodi più significativi della mia esistenza, a
stretto contatto con le persone con cui ho condiviso alcune delle sensazioni più forti mai provate,
tutti i C+C, Toba, Pippo, Giulio, e ovviamente lo Zio Miles dove il legame e l’amicizia si sono fatte
sempre più viscerali e appassionate.
Con lo Zio il rapporto è sempre stato intensissimo e a tratti travagliato, Lui per me ha sempre
incarnato la figura del Maestro, del saggio con l’esperienza che io non avevo ancora vissuto, e io
il suo allievo. Me lo disse svariate volte, che sentiva un legame profondo con me come se fossi un
cugino o fratellino lontano, e io ero contento di ciò. Mi piaceva sentirlo parlare, e farmi raccontare
gli aneddoti che costantemente gli chiedevo sulla vita del musicista cresciuto nel mondo dell’indie
d’America di quegli anni; come era stato conoscere e lavorare con Michael Gira, come era stato
suonare con la Sun Ra Arkestra, i tour in Giappone con i Deerhunter, la conoscenza degli Animal
Collective, la storia dei Megafaun e Bon Iver, il suo amico e batterista incredibile Joe Westerland,
la sua amica Angel dei Dirty Projectors, la storia della sua etichetta che doveva pubblicare il
chitarrista dei Boredoms, la conclusione del percorso con gli Akron Family.
Tutte queste storie a me affascinavano enormemente, ma era chiaro che lui volesse
definitivamente dare un taglio con tutto quel mondo e non era sempre contento di parlarne.
Il nostro legame è stato costellato da momenti di grande accordo uniti a momenti di disaccordo
totale, momenti di grande amicizia uniti a momenti in cui non ci sentivamo, momenti di grandi
gioie uniti a momenti di litigi feroci dettati da alti e bassi umorali dovuti sicuramente ai nostri
caratteri, il suo era veramente particolare, tenace all’estremo, perfezionista, dedito alla continua
ricerca e al continuo mettersi in dubbio... A volte era molto complesso da cogliere questo modo
di essere e viverlo in serenità.
Miles era senza mezze misure, quando voleva dire una cosa la diceva senza peli sulla lingua, e a
volte per me è stato difficile interagire con questo modo di comunicare. In realtà ripensandoci ora,
riconosco che il suo approccio non era minimamente crudele, bensì era totalmente sincero,
voleva spronarmi, voleva spronarci, voleva farmi riflettere, voleva farci riflettere.
Sono pervaso da un’infinità di ricordi, che stento a focalizzare e riportare in maniera lucida perché
il mio amico Miles ora non c’è più e questa mancanza è devastante e inaspettata e brucia come
una ferita profonda.
Ripenso a quella volta in cui preparammo il set di un tour bellissimo nel 2017 con due batterie,
synth, due chitarre, basso elettrico e sei voci, per 2 mesi andammo a provare tutti i giorni in una
saletta in mezzo ai boschi di Verona, all’interno la temperatura era di 5 gradi si e no, e lui insistette
per andare a provare tutti i giorni, tutto il giorno, ininterrottamente, provando e riprovando la
scaletta, improvvisando di continuo, fumando, mangiando, scaldandoci attorno alla stufa; ecco
Miles credo che in quel momento ci abbia spinti oltre il nostro il limite e ci fece prendere una
consapevolezza superiore a tutti noi C+C per quanto riguarda la nostra cara musica- Fu il miglior
tour della storia del gruppo.
Ripenso poi a quei discorsi infiniti sul fatto di riappropriarsi dell’italiano per cantare le canzoni, per
poter comunicare senza veli e in maniera sincera alle persone- Fu il motivo grazie al quale scrivere
e comporre un brano oggi ha un senso per me, e grazie al quale se qualcosa è nella mia testa
posso scriverla in maniera forte e chiara all’interno di un testo, invece che arrancare in maniera
goffa con un inglese maccheronico.
Ripenso a quella volta in cui in studio con Juju a Milano ci incazzammo tantissimo perché la mia
take vocale era bizzarra e lui voleva tenerla cosi, rappresentate la verità, e io volevo rifarla per
renderla perfetta- Fu grazie a quel litigio che ora do meno peso a ciò che vorrei essere (come
cantante in questo caso) e a dare il massimo per quello che realmente sono (un po’ calante,
pace).
Ripenso a quella volta che lo invitai a casa mia per imparare a cantare Nuova Speranza per bene.
-Fu in quel momento che mi convinsi che mettere tutti sé stessi in qualcosa porta a dei risultati, e
ogni risultato ha degli effetti (ricordo che andammo in studio, le registrazioni furono bellissime, ma
mi segarono al mio ultimo esame all’università, qualche mese dopo lo passai).
Ripenso a tutte le volte che si sono creati cipigli e malumori all’interno dei C+C e costantemente
lo Zio provò ad aiutarci a risolverli, riportando la sua esperienza passata con il suo gruppo- Grazie
a queste conversazioni penso che i C+C in un certo senso non si siano sciolti nei momenti di
massima tensione del passato e ora abbiamo imparato a convivere.
Ricordo quella volta che gli dissi che non volevo più suonare perché non mi sentivo a mio agio nel
farlo e mi rispose che era normale, giusto e curativo provare queste sensazioni nel momento in
cui un individuo si mette a nudo e parla delle proprie vicende e emozioni- Fu grazie a quei pensieri
che ora mi sento meglio, e sono ancora convinto di voler dedicare la mia vita alla musica.
Ricordo quella volta che andammo in cima al Castel San Pietro di notte e ci mettemmo a parlare,
iniziammo a raccontarci degli spiriti, delle entità immateriali e delle nostre esperienza a riguardo, e
ad un tratto le finestre dell’edificio iniziarono a sbattere all’impazzata, probabilmente era solo il
vento, oppure dell’altro, chissà- Ad ogni modo affrontando quei discorsi io ora sono meno
ossessionato dal voler ricercare una ragione logica per tutto, e provo a cogliere il magico con
un’altra attitudine, positiva.
Ricordo le passeggiate e le chiacchierate infinite lungo le vie della città e lo stupore e la meraviglia
nei suoi occhi nel vivere la piccola e per certi aspetti limitata Verona, cogliendone il buono e lo
speciale che in realtà cela, nelle piccole cose e nella sua essenza- Grazie a queste considerazioni
ora vivo la mia città con stupore, meravigliandomi per quello che può offrire, e non struggendomi
per quel che non può offrire.
Mi fermo ora.
I ricordi sono tanti e i pensieri si stanno facendo più intensi e vividi, le lacrime stanno
agglomerandosi intorno agli occhi, e a me sembra assurdo pensare che sto parlando del mio
amico Miles che non c’è più.
Se ne è andato in una maniera estrema, estrema come era la sua vita, estremo come era come
individuo.
Non voglio provare a trovare un senso in tutto ciò, semplicemente è accaduto e quello che vorrei
fare è ricordarlo ora e sempre.
Custodire e raccontare la moltitudine di insegnamenti che in questi sette anni ha donato a me, ai
C+C, alla nostra comunità e alle persone che ha incontrato.
Far vivere ancora la sua musica incredibile che tanto ho amato e amo, far echeggiare le sue
parole nella mia testa e riportarle ai miei amici e alle persone che incontrerò, far risuonare le corde
della chitarra e celebrarlo ogni volta che potrò, cantare con la voce che mi ha insegnato a tirar
fuori, a squarciagola o sussurrando.
Sei stato un caro amico.
Cru